venerdì 31 ottobre 2014

UE ed Unione Euroasiatica non devono finire come Montecchi e Capuleti

Foto: MIA "Rossiya Segodnya"

Tra nuove tendenze globali troviamo nuovi concetti. Un partenariato euroasiatico. A favore della sua formazione ha desiderato esprimersi il ministro dell’Integrazione e della Macroeconomia della Commissione economica euroasiatica, Tatiana Valovaya. La dichiarazione è stata fatta al III Forum Euroasiatico “Innovazione e Internazionalizzazione” conclusosi il 24 ottobre a Verona, dove la rappresentante russa ha parlato sul tema “La Commissione economica euroasiatica e la comunità internazionale”.

Un argomento di estrema attualità, tenendo presente il fatto che, a partire dal primo gennaio 2015, entrerà in vigore il Trattato che istituisce l’Unione economica euroasiatica. Essa prenderà il via nella forma di quattro Stati, ovvero Russia, Bielorussia, Kazakistan e Armenia. Così nasce un nuovo organismo internazionale che è appunto l’Unione economica euroasiatica. L’Unione è dotata di tutta la soggettività giuridica di cui necessita, ivi compresa la possibilità di concludere accordi internazionali per conto dell’Unione che sono di sua competenza, cioè quelli sulle relazioni commerciali ed economiche. In sostanza, in Eurasia, assieme all’Unione Europea, apparirà un’altra Unione economica.

Nel nostro orribile mondo, a quali cambiamenti geopolitici e geoeconomici porterà la comparsa dell’Unione economica euroasiatica? Quali conseguenze questo fatto avrà per l’Europa, l’Asia e, più in generale, per il mondo intero? E’ possibile che l’UE e l’Unione economica euroasiatica finiscano nell’inimicizia e la rivalità, seguendo le orme dei Montecchi e i Capuleti? Questi sono i temi che il nostro osservatore Alexander Prokhorov ha messo al centro della sua conversazione con il ministro Tatiana Valovaya.

Per prima cosa il giornalista ha chiesto a Valovaya come essa reagisca all’asserzione fatta da un rinomato storico tedesco, Peter Brandt (figlio dell’ex-cancelliere Willy Brandt, il noto artefice dell’Ostpolitik), in una recente intervista concessa a “La Repubblica”. In questa, lo storico ha affermato che l’Occidente “ha sbagliato tutto” nelle relazioni con la Russia, con Putin e con l’Ucraina, che alle numerose proposte da parte russa, specie quelle di Putin nei primi anni della sua presidenza, l’Occidente non ha mai risposto in modo costruttivo, mentre era plausibile una partecipazione dell’Ucraina contemporaneamente ad entrambi i processi d’integrazione, ossia con l’UE e con l’Unione Euroasiatica, il che avrebbe dato a Kiev l’opportunità di fungere da ponte tra un mondo e l’altro.

Nella situazione che si è venuta a creare, nel momento in cui la concorrenza tra l’integrazione europea e quella euroasiatica per la prima volta sono entrate in una fase acuta, mentre vengono introdotte le sanzioni contro la Russia, c’è ancora la possibilità di avviare una collaborazione tra l’UE e l’Unione Euroasiatica? Le relazioni fra le due Unioni si sono già avvicinate al momento della verità? Le Unioni sono destinate ad essere l’una per l’altra rivali geopolitici, o vi è la possibilità di diventare partner strategici?

Rispondendo a queste domande, il ministro Valovaya ha espresso la speranza che il momento della verità possa esprimersi nel fatto che “i nostri colleghi europei si rendano conto della necessità di mettere in pratica l’idea di cui stavamo parlando da dieci anni, vale a dire un comune spazio economico da Lisbona a Vladivostok. A questo punto va menzionata l’iniziativa lanciata al Forum di Verona da Romano Prodi, che ha invitato i partecipanti ad abbassare l’attuale grado di tensione e a fare un passo indietro per assicurare un movimento nel futuro.

“Il nostro continente si chiama Eurasia – prosegue la Valovaya. – Bisogna capire che abitiamo tutti nello stesso continente. L’unica possibilità di aggiustare le cose è quella di costruire in modo regolare le relazioni tra l’Unione Europea e l’Unione Euroasiatica. Se formiamo un comune spazio economico fatto da entrambe le parti, la parte euroasiatica e quella europea, le attuali divergenze circa l’Ucraina e la Moldavia non saranno più così rilevanti.

Valovaya si è detta certa che il mondo multipolare deve essere bilanciato, che non vi possono essere né un blocco solo, né due, né tre, ma ce ne possono essere cinque, sei o anche dieci. E la cosa più importante è che queste piazze interagiscano tra di loro.

Bisogna capire che a tutt’oggi l’economia globale non è stata ancora creata. Quello che noi abbiamo oggi nel mondo non è l’economia globale.

Sì, abbiamo la globalizzazione a livello di impresa, a livello di circolazione dei fattori di produzione, ma non abbiamo la governance globale. E non può esprimersi nella forma di un governo mondiale, che si trovi in un punto e dia ordini a tutti quanti. Questa governance globale non può che essere in forma di unione di soggetti uguali, con pari diritti, non necessariamente con lo stesso potenziale economico, ma comunque che coinvolga partner aventi un’influenza commisurata all’economia mondiale. Gli USA non possono rimanere l’unico centro di decisioni economiche imposte al mondo. Se appariranno al mondo cinque o sei partenariati, allora avremo a che fare con un’economia globale. Non dobbiamo mettere tutte le uova nello stesso paniere. La Russia non può sviluppare i rapporti con la Cina senza promuovere gli stessi con l’Europa. Questo è semplicemente impossibile. E’ il caso dell’Europa, che anch’essa non deve limitarsi a sviluppare un rapporto transatlantico con gli USA, penalizzando le prospettive delle relazioni con l’Eurasia. Non vedo nessun pericolo se l’ampliamento dell’interazione avverrà nel quadro di un concetto globale di formazione di spazi comuni di economia.Certi rischi sorgono solo se tiriamo fuori dal sistema uno degli elementi. Non sarei sincera se non dicessi che sono più ottimista che pessimista. Il mio ottimismo è dovuto al famoso detto: “La notte è più buia prima dell’alba”. Mi pare che siamo giunti a un tale grado di oscurità nei rapporti con i nostri partner che veramente sta per sorgere l’alba.

Lei è d’accordo con l’affermazione diffusa comunemente che senza l’Ucraina l’attuazione del progetto euroasiatico rimarrebbe un grande punto interrogativo? “Le Monde” ha scritto recentemente che a causa della crisi ucraina l’Unione economica euroasiatica sarebbe un “sogno screditato di Putin”. Cosa ne pensa di un’asserzione del genere?

Io la penso diversamente. Penso che senza l’Ucraina, il progetto di integrazione euroasiatica non sarebbe mai nato, ma con l’Ucraina non avrebbe avuto luogo. Ora vi spiego. La nuova fase del progetto euroasiatico è nata nel 2003 su iniziativa di un gruppo di Paesi, tra cui figurava anche l’Ucraina. I quattro Stati firmano il progetto di uno spazio economico unico nel settembre dello stesso anno. Per elaborare un accordo è stato fatto molto lavoro professionale, anche con la partecipazione dell’Ucraina. E l’Ucraina ha stimolato questo lavoro per diversi anni. Il nuovo spiraglio di integrazione è dovuto in gran parte all’Ucraina.

Non so se oggi saremmo giunti alla firma del Trattato senza l’Ucraina o meno. Ne dubito. Ma sono sicurissima che con l’Ucraina questo progetto nel 2015 non avrebbe avuto luogo. L’Ucraina è uno Stato che si trova in mezzo alla frattura geopolitica del nostro continente. Appartiene veramente sia all’Europa che all’Eurasia. E’ difficile per l’Ucraina fare una scelta precisa, pertanto è necessario prima riunire l’Europa e l’Eurasia, e l’Ucraina troverà poi il suo posto.

Sono assolutamente convinta che se oggi l’Ucraina fosse rimasta nel progetto di integrazione euroasiatica, esso non avrebbe avuto così tanto successo. Perché l’Ucraina ha i suoi interessi economici, i propri approcci. Noi a tutt’oggi continueremmo a discutere molte cose. Sono quindi grata all’Ucraina, che un tempo aveva dato impulso allo sviluppo della nostra integrazione. E sono riconoscente all’Ucraina che ora non vi partecipa. E sarò molto contenta se questo Paese prima o poi entrerà a far parte del processo, eventualmente nel quadro di un comune spazio economico da creare tra l’Unione Europea e l’Unione economica euroasiatica.

Aleksandr Prochorov - La Voce della Russia