venerdì 28 novembre 2014

Еrrori di traduzione nella diplomazia. Gaffe da far ridere i polli? O per dar spago all’aggressione?

© Foto: East News/ISOPIX/EAST

Cari lettori, non preoccupatevi! L’epoca di scoperte allucinanti non e’ ancora finita. Un solo esempio.

Si scopre che nel mondo della diplomazia, parole o frasi addirittura scelte accuratamente, tradotte poi in un'altra lingua, possano provocare risate indicenti nei presenti o perdere ogni significato. A questa conclusione io sono giunto dopo aver letto su Internet la notizia che segue:

L’Alto rappresentante dell'UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini ha assicurato il ministro degli affari esteri dell'Ucraina Pavel Klimkin che non ha parlato dell'autonomia di Donbass e tutte le informazioni di stampa su questo argomento non e’ che "un problema di traduzione".

Lo ha detto il capo della diplomazia ucraina in una congiunta conferenza stampa con il ministro degli affari esteri della Svezia, Margot Wallstrom in visita a Kiev.

"Ho avuto un colloquio con l'Alto rappresentante dell'UE, Federica Mogherini. A tutt’oggi vi sono state varie speculazioni circa le sue dichiarazioni circa una presunta fattibilita’ di un’autonomia di Donetsk e Lugansk. Voglio sottolineare che si tratta di speculazioni e problemi di traduzione, la Mogherini me lo ha chiaramente confermato," - ha detto Klimkin.

Ricordiamo che pochi giorni fa il media austriaco Kurier ha pubblicato un'intervista concessa dal’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini in cui la lady Pesc ha messo in risalto la necessità di "dare autonomia a Est dell'Ucraina". "L'UE si aspetta da Kiev ... il rispetto per la cultura e la lingua del popolo, lo status di autonomia per l'Est e le riforme istituzionali. Le autorità ucraine devono continuare a fornire assistenza umanitaria agli immigrati, prestare attenzione alla lotta contro la corruzione e allo sviluppo economico", - ha detto Mogherini.

Ma poi, il portavoce di Mogherini, Maja Kocijancic, ha affermato pubblicamente che questa intervista includeva "citazioni distorte" ed era stata preparata ancora prima che Mogerini sia venuta a capitanare il servizio diplomatico europeo.

E’ da farvi ricordare che da metà aprile il regime di Kiev mette in atto in EST del paese "operazione speciale" per reprimere il movimento di protesta nel Donbass. Le forze della sicurezza stanno attivamente utilizzando l’artiglieria pesante e gli aerei da combattimento. Segnalate numerose vittime civili e la distruzione di case e infrastrutture. Ad esempio, a colpi di un sistema multiplo di lancia razzi in questi ultimi giorni e’ stato ucciso a Donetsk un ragazzo di 12 anni che correva verso un rifugio.

La prima giornata dei lavori della nuova Rada (8 legislazione) e’ stata segnata da una serie di iniziative antirusse. In particolare, e’ stato presentato un disegno legge sullo status speciale di Donbass e l’uscita del paese dalla Comunita’ di Stati Indipendenti (CSI). L’adozione di questo disegno significherebbe un rifiuto completo di Kiev da tutti gli accordi di Minsk, il ritorno al caos giuridico, l’instabilita’. In tali eventualita’ si aprirebbe la strada alla ripresa delle ostilita’ su larga scala.

Il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy ha detto che “la crisi ucraina, a partire dagli eventi in Crimea, è la più grave crisi geopolitica in Europa dalla fine della "guerra fredda".

A detta del capo del Consiglio d'Europa, "ma c’e’ ancor di peggio, vi sono le inequivocabili avvisaglie di un imminente conflitto sul continente, che rischia di diventare il più sanguinoso conflitto dall’epoca delle guerre balcaniche. Chi viola i confini, mette a repentaglio la pace".

Tuttavia, Rompey non ha menzionato che la ridefinizione dei confini è stata avviata nel 1990. E non dalla Russia. Ma anche oggi, come ha confermato il presidente Putin, la Russia non intende partecipare a giochi geopolitici e conflitti, nonostante gli incessanti tentativi di chi vorrebbe trascinarci.

Herman Van Rompuy ha inoltre affermato che la soluzione della crisi in Ucraina sta nella federalizzazione del paese. "Abbiamo bisogno di una soluzione globale per l'Ucraina. E’ necessario che essa sia uno stato decentrato o federalizzato", - ha precisato Rompuy.

La dichiarazione questa e’ stata subito smentita dal presidente ucraino Poroshenko che in parlamento ha replicato con un secco “no” alle eventuali “federalizzazioni”. Nel contempo egli pero’ si e’ detto favorevole alla legalizzazione del governo esterno da instaurare in Ucraina. Cio’ vuol dire che nel governo di Kiev vi sara’ un numero sempre crescente di stranieri.

Non mi meraviglierei dunque se domani Van Rompuy, seguendo le orme della Mogherini, potesse scusarsi con Kiev per la sua presa di posizione, spiegandola con un nuovo errore di traduzione.

Dal canto suo, un portavoce delle autorita’ di Kiev ipoteticamente potrebbe annunciare ai presenti:

«Il presidente del Consiglio europeo vi ha raccontato una sua barzelletta di turno, e allora, per favore, ridiamo tutti assieme e facciamo gli applausi!”

Come ebbe a dire il noto diplomatico francese Alain Plantey, “nella diplomazia davvero non esista una cosa peggiore di un testo che non dice proprio niente, dato che cio’ equivale al consenso di sottomettersi alla parte piu’ forte e aggressiva”.

Aleksandr Prochorov - La Voce della Russia

mercoledì 26 novembre 2014

Sottomettendosi agli USA gli europei si fanno autogol

© Сollage: «Golos Rossij»

Le responsabilita’ principali della crisi in Ucraina ricadono sull’Unione Europea, ma innanzitutto sugli USA e i vertici della NATO, lo afferma il gia’ Presidente della Confederazione delle Cooperative Italiane e l’ex senatore Luigi Marino. E’ quanto ha detto il 25 novembre a Mosca, intervenendo al Forum ‘La politica economica della Russia nelle attuali turbulenze globali”.

La crisi ucraina nei fatti e’ la continuazione della guerra fredda con altri mezzi – asserisce Marino.- In precedenza c’era stata una guerra contro l’URSS, oggi e’ in atto un’altra grande guerra contro la Russia, ma gli americani hanno combattuto, stanno combattendo e combatteranno contro tutti quanti siano di ostacolo alla politica imperialista degli USA.

Marino ha rilevato che contrariamente ai trattati internazionali la NATO ha gia’ ampliato i suoi confini e non nasconde i suoi intenti di estendersi sempre di piu’, arrivando fino alle frontiere della Federazione Russa, essendo quest’estensione dell’Alleanza occidentale in netto contrasto con gli interessi leggittimi della Russia.

Sarebbe stato strano se cio’ non avesse provocato le proteste di Mosca. La crisi ucraina, dicendo pane al pane e vino al vino, non e’ altro che una spinta verso un ulteriore allargamento della NATO.

E questa espansione per se’ stessa, non solo per l'ingresso ipotetico dell'Ucraina nella NATO, ma anche a causa dell'eventuale adesione di altri paesi dell'Europa orientale costituisce un fattore molto pericoloso di instabilità, sia per l'Europa che per il mondo intero.

Le attivita’ della NATO e degli USA danneggiano i rapporti tra l’Unione Europea e la Russia, e non solo sul piano delle forniture energetiche.

Luigi Marino e’ convinto che l’Europa non puo’ fare a meno del mercato russo. Ma sottomettendosi agli Stati Uniti gli europei si fanno autogol.

Le sanzioni europee contro Mosca sono in sostanza un atto di autolesionismo. La Russia non ha portato all’Europa alcun danno, neanche’ quello ipotetico. La sanzioni antirusse sono nello stesso tempo un’azione punitiva e un’ ingerenza negli affari di uno stato indipendente.

Luigi Marino ha anche detto che la crisi nelle relazioni della Russia con l'Unione Europea e la crisi economica globale che minaccia il pianeta in questo momento, come la crisi del 2008, sono frutto di un'eccessiva liberalizzazione del mercato dei capitali.

Il problema, a suo parere, è che il capitale finanziario e’ passato a dominare l'economia reale, e spesso sovrasta la politica pubblica.

"Gli Stati Uniti nei loro interessi economici e politici hanno sempre preso le decisioni finanziarie, economiche, politiche e militari a spese di tutta l'economia mondiale. In parole povere, e’ l'intera economia mondiale a sostenere oggi gli interessi degli Stati Uniti.

D'altra parte, gli americani hanno sempre condotto varie guerre economiche e finanziarie per prevenire la crescita e lo sviluppo dei potenziali concorrenti globali, - prosegue il politico italiano. - Il capitalismo americano, essendo il più grande e più forte al mondo, provoca danni gravi e spesso irreversibili ad altri paesi. Nell’ Europa di oggi il primato va ancora al capitale germanico che è dannoso, in particolare, per i paesi dell'Europa meridionale. A rigor di termini, anche l'Unione europea è stata costruita sui dogmi liberali al fine di promuovere e tutelare gli interessi dei grandi gruppi finanziari Di conseguenza, vi 'è stata una riduzione della produzione industriale nei paesi dell'Europa meridionale, la caduta degli investimenti, il che ha portato ad una diminuzione del reddito delle famiglie e ad un aumento del tasso di disoccupazione, ripoducendo una situazione simile ad un lontano passato.

Per far fronte all’aggerrita concorrenza globale, i paesi europei, e cio’ non e’ accaduto questo da molto tempo, sono costretti a tagliare la spesa pubblica.

Tornando sulla crisi ucraina, Luigi Marino ha notato che in seguito a questo evento i rapporti tra gli Stati Uniti, l'Unione Europea e la Russia sono venuti a trovarsi al livello più basso dalla fine della Guerra Fredda.

Secondo le previsioni ottimistiche della Commissione europea a seguito elle sanzioni contro Mosca le perdite di bilancio dei paesi UE nel 2014 saranno pari a 40 miliardi di euro e nel 2015 raggiungeranno la cifra di 50 miliardi di euro.

Queste sanzioni hanno gia’ causato e contineranno a produrre effetti negativi per le economie di entrambe le parti, e quindi per la crescita economica dei paesi europei e la Russia.

A chi giova davvero questa crisi? Chi ne beneficia? La risposta è ovvia. Non certo la Russia e neanche’ l'Europa.

In Italia le sanzioni contro la Russia sono venute ad inasprire ancora di più la crisi economica e politica. Molti imprenditori italiani si rivolgono oggi al governo chiedendo la revoca delle sanzioni, che non sono solo illegali, ma anche controproducenti.

Marino annota che una situazione simile e’ venuta a crearsi anche in altri paesi europei: sono 26 mila le aziende tedesche che hanno relazioni con la Russia. Il business e i lavoratori germanici pagano a caro prezzo le decisioni di politica estera ad opera del governo. E si pongono la domanda: per quale motivo la Merkel reca un tale danno a loro a al Paese?

Per il politico italiano e’ possibile uscire in modo efficiente dall’attuale crisi politica e l’incombente crisi economica globale solo a patto che l’Occidente e in primo luogo l’Europa repugni “la politica miope di una nuova guerra fredda.”

Quelle dell’Unione Europea e della Russa sono due economie complementari. Da qui sorge spontanea la domanda a chi le sanzioni reciproche porteranno maggiori danni. Io ritengo che le sanzioni si’ che danneggeranno la Russia, ma in definitiva danni maggiori, li subiranno i paesi occidentali.- ha concluso Luigi Marino.

Aleksandr Prochorov - La Voce della Russia

lunedì 24 novembre 2014

Quando il cieco porta la bandiera…

© Photo: AP/Vadim Ghirda

Quando il cieco porta la bandiera, guai a chi viene dietro. Mi e’ tornato spontaneo in mente questo proverbio, leggendo alcuni giorni fa l’articolo pubblicato sul terzo quotidiano italiano per diffusione, Il Sole 24, con un titolo veramente preoccupante: “M5S attacca il ministro Pinotti: «Inviando 4 Tornado ci trascina in guerra».

Essendomi addentrato nel testo, ho letto:

“Il ministro Pinotti ci ha trascinato in guerra». Questa è l'accusa che M5S lancia contro il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, per aver «dato il via libera all'invio di quattro cacciabombardieri Tornado e di un numero imprecisato di controcarri Folgore per partecipare alle operazioni della coalizione internazionale anti-Isis in Iraq e in Siria, bypassando completamente l'opportuna autorizzazione delle Camere. Una missione a rate, di cui il Parlamento e i cittadini sono del tutto all'oscuro». Per i deputati M5S della commissione Difesa, l'Italia così «entra praticamente in guerra».

Ma ogni guerra, aggiungerei, e’ sempre un impero di incertezze. Quanto al bypassare l’approvazione da parte del parlamento nazionale non posso fare a meno di ricordare l’aforisma di Marenco Oreste che ebbe a dire:

«Bello vivere in un Paese ove vigono liberta’ e democrazia. Cio’ permette ai cittadini di criticare liberamente i politici e permette ai politici d’altrettanto liberamente fregarsene». Gli fa eco lo scrittore e filosofo colombiano Gomes Davila col suo detto che ‘ la democrazia costituisce il totalitarismo con attrezzi liberali”.

Fatte queste due brevi osservazioni a proposito, continuaiamo a leggere l’articolo.

“I deputati pentastellati della commissione Difesa hanno sottolineato che «l'unica risoluzione approvata dall'Italia risale al 20 agosto e tratta il mero invio di armamenti leggeri, ovvero mitragliatrici kalashnikov e munizionamento, il che esclude l'implementazione di un'autentica missione. Ma a quanto sembra, il ministro Pinotti non solo non sembra curarsene, ma sceglie tempistiche del tutto imbarazzanti per l'invio dei `Tornado´, scattato proprio all'indomani delle commemorazioni della strage di Nassiriya».

Ecco, la strage di Nassiriya.

Ricordero’ a chi abbia dimenticato:

Sono passati esattamente 11 anni dalla strage di Nassiriya, il più grave attacco alle truppe italiane dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi. Diciannove morti italiani, tra civili e militari, e 9 morti iracheni.

Era il 12 novembre 2003 – ore 8.40 italiane, 10.40 a Nassiriya, città irachena a maggioranza sciita e capoluogo della provincia di Dhi-Qar - il giorno in cui la guerra entrò di nuovo nelle case degli italiani. Un tremendo attentato, compiuto con un camion e un'auto imbottiti di esplosivo, devastò la base italiana Maestrale a Nassiriya e portò la morte tra i militari impegnati nell'operazione Antica Babilonia.

Volgiamo la pagina.

«Ad oggi, ricorda M5S, «la missione è composta da circa 400 uomini, 4 Tornado, 2 Predator e un numero imprecisato di armi e controcarro. Ovvero numericamente la quarta missione con uomini in teatro dopo Afghanistan, Libano e Kosovo. Siamo praticamente in guerra - è l'accusa - trascinati dal silenzio di un ministro che sembra agire al di sopra delle parti e dei principi costituzionali, chissà dietro quale garanzia. Chiediamo che il governo venga a riferire quanto prima in aula, affinché le Camere e tutte le forze parlamentari siano informate sul tipo di coinvolgimento del nostro Paese all'interno della coalizione anti-Isis».

Una specie di sintesi, ce lo offre un lettore col suo breve commento che segue:

«E' incredibile. Abbiamo un Paese in rovina economica e si spendono soldi per missioni militari al di fuori dei nostri confini.»

In relazione alla grave crisi economica nazionale e internazionale sono in molti infatti a chiedersi se sia ancora necessario sostenere le missioni dei soldati italiani all’estero. Nord Africa, Medio Oriente, Asia e Balcani. Sono 35 le operazioni militari nel mondo che vedono impegnate le forze armate d’Italia. Le missioni vengono a costare agli italianai molte centinaia di milioni di euro. C’e’ da ricordarsi quanto detto dall’imparagonabile George Bernard Shaw: «La democrazia e’ un palloncino che passa sopra le vostre teste, facendovi guardarlo a bocca aperta, mentre altri frugano nelle vostre tasche».

Tuttavia l’Italia non fa marcia dietro (Italiani brava gente!) e anzi ha accettato di partecipare o di incrementare la partecipazione a nuove e pericolose missioni in Somalia, Corno d’Africa e Repubblica Centrafricana, oltre al recente supporto garantito alla coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti impegnata nella guerra contro lo Stato Islamico in Iraq e Siria. E’ naturale che i pretesti necessari non mancano. Lo Stato Islamico minaccia:

"I mujaheddin proseguiranno finché non raggiungeranno Roma". Per la propaganda jihadista Roma è il luogo simbolo dell’Occidente cristiano’

Della coalizione sono entrati a far parte tutti i paesi arabi del golfo Persico, 7 paesi membri dell’UE (comprese la Gran Bretagna, la Germania, la Francia e l’Italia), ma anche l’Australia e la Nuova Zelanda. Gli alleati colpiscono le posizioni dell’ISIS, sperando nella disfatta dei militanti islamisti. Pero’, distruggendo vari obiettivi tattici, i missili non risolvono l’obiettivo strategico. L’ISIS sta rafforzando il suo potere nei territori che controlla. Ha formato il consiglio dei ministri, i tribunali, ha creato la propria bandiera, ha riliasciato ai cittadini i passaporti. Lo Stato Islamico si propone inoltre di mettere in circolazione la propria moneta.

Capendo i difetti della sua strategia irachena, il presidente Obama ricorre ad un nuovo metodo il cui obiettivo consiste nell’organizzare resistenza armata all’ISIS nelle regioni sunnite.

Chiamando i sunniti a prendere parte alla lotta contro lo Stato Islamico, Obama vuole annientare i suoi nemici con le mani altrui.

Non e’ certo un compito facile, tenendo presente che per lo Stato Islamico stanno combattendo piu’ di 13 mila militanti reclutati in 80 paesi del mondo.

Ma il problema centrale e’ questo: come si spiega il perche’ dell’allargarsi dell’attuale caos e dell’incessante moltiplicarsi dei conflitti al mondo?

Il capo della diplomazia russa Serghei Lavrov, intervendo il 19 novembre davanti ai parlamentari, ha fatto capire che le guerre e i conflitti alimentati dall’Occidente in tutto il mondo, sono il risultato di un nuovo ordine mondiale policentrico in via di formazione.

"Ai nostri occhi sta nascendo una visione del mondo fondamentalmente diversa da quella di prima. E’ un processo complesso. Un cambiamento di epoche viene accompagnato di regola da un concatenarsi di conflitti intensi di carattere locale, se non dagli scontri globali", - ha rilevato Lavrov.

Stando alle sue parole, la Russia abbia sempre sostenuto la positiva agenda di integrazione volta allo sviluppo dei rapporti tra vari stati anziche’ la loro separazione.

"Purtroppo, questa linea costruttiva va a scontrarsi con gli incessanti tentativi degli USA e i loro alleati mirati a dividire e dominare, a spingersi piu’ avanti nei loro approcci unilaterali, a ricucire il mondo a seconda delle loro politiche congiunturali", - ha ribadito il ministro degli esteri russo.

Pero’ nonostante questa contropposizione, la Russa ha tutte le potenzialita’ per consolidare le sue posizioni in veste di uno dei centri del nuovo sistema multipolare, e’ quanto ha detto Lavrov.

Ne consegue, fra l’atltro, che l’Occidente non possa pretendere di essere la guida morale del mondo, in quanto pensa in termini di guerra, costantemente provocando guerre di tutti contro tutti.

E’ un fatto sorprendente, ma nell’arco degli ultimi 300 anni, non avendo motivi visibili per conflitti, gli italiani e i russi hanno incrociato le armi ben 5 volte. Una volta in Italia nel 1799 durante la campagna italiana del generale Suvorov contro le truppe napoleoniche e 4 volte in Russia. Nel 1812 le truppe piemontesi e napoletane presero parte alla marcia di Napoleone su Mosca. Il Regno di Sardegna con un corpo di spedizione partecipo’ alla guerra della coalizione occidentale in Crimea negli anni 1854-1855, nell’agosto 1918, all’interno di una spedizione Alleata, un contingente militare italiano fu inviato nella Russia Settentrionale per contrastare i russi bolscevichi e nel corso della seconda guerra mondiale l’Italia di Mussolini fu uno degli alleati principali della Germania hitleriana.

Da quei tempi tant’acqua e’ passata sotto i ponti. Ed ecco che sugli schermi italiani riappare in prima persona il mitico Duce che “ha sempre ragione”.

Pare che oggi l’Occidente semplicemente non abbia piu’ niente di positivo e costruttivo da dire all’umanita’.

Come ha notato in maniera caustica ma precisa lo scrtittore americano Henry Miller, riferendosi a quello che e’ il nocciolo e una colonna portante dell’ideologia occidentale, «il cieco guida l’altro cieco. E questo si chiama democrazia».

Ma se il cieco guida il cieco, l’uno e l’altro cadono nella fossa. Dio, ce ne guardi.

Aleksandr Prochorov - La Voce della Russia

domenica 16 novembre 2014

Alle nuove vie della seta ormai va il vento della fortuna

© Foto: AP/Kim Kyung-Hoon

Pare che questo trend si concretizzi ormai in qualcosa di più di una semplice speranza. Dopo il successo del vertice Apec (l’Asia Pacific Economic Cooperation che raggruppa i leader delle 21 economie che si affacciano sul Pacifico e altri 17 leader regionali) svoltosi in Cina con la partecipazione della Russia, all’orizzonte e’ venuto a profilarsi un nuovo promettente progetto legato al futuro economico eurasiatico. Sto parlando delle “ nuove Vie della Seta”, ma anche di un nuovo concetto di fare business nel cuore dell'Eurasia, con il sostegno dell'Unione eurasiatica economica (Russia, Bielorussia, Kazakhstan e Armenia), che prende il via il primo gennaio 2015.

Al fine di silurare il progetto del secolo, Obama ha fatto riunire i rappresentanti di 12 paesi presso l'ambasciata americana a Pechino, tentando di assicurare il loro supporto all’idea alternativa di una zona di libero scambio regionale, la Trans Pacific Partnership (Tpp), che include né la Russia né la Cina.

Alla fine, pero’, i paesi Apec hanno approvato la zona di libero scambio sostenuta da Pechino pronta ad investire circa 140 miliardi dollari in vari progetti di ampio respiro.

La strategia è quella di creare un mercato che unisce i 3 miliardi di persone e copre il territorio dal Mar Baltico al sud-est asiatico.

Essendo il ponte principale tra l'Asia e l'Europa, la Russia è una delle regioni chiave della nuova rete. Non a caso, il sostegno della Russia di Putin è stato decisivo per la vittoria delle "Vie della Seta" (ferrovie ad alta velocità, oleodotti, porti). Il progetto e’ chiamato a collegare, ad un livello d’interazione qualitativamente nuovo, la Cina, la Russia e gli altri paesi dell'Europa occidentale e del Mediterraneo con un apposito terminale a Venezia.

Grazie ad un nuovo accordo energetico firmato a Pechino la Siberia si prendera’ l’impegno di fornire per la prima volta più gas alla Cina che in Europa, assicurando in tal modo la competitività delle economie dell’Asia-Pacifico.

E come Mosca vede nuovi approcci alla cooperazione economica a livello europeo e, in senso più ampio, – sul mercato eurasiatico, con il sostegno del neonato Unione eurasiatica? Ad esprimere la sua opinione su questo importante aspetto e’ stato uno dei protagonisti della Russia di oggi, ossia Igor Sechin, presidente di Rosneft - la più grande compagnia petrolifera al mondo.

Il suo punto di vista è stato reso di dominio pubblico alla fine di ottobre a Verona durante il III Forum eurasiatico, Innovazione e Internazionalizzazione, che sin dall’inizio rimane l’unico appuntamento di incontro e confronto fra rappresentanti del mondo istituzionale, politico ed economico di Italia, Russia, Kazakistan e Armenia, nonche’ di Ucraina cui si sono aggiunti quest'anno Azerbaigian e Cina. Il Forum eurasiatico è diventato una sorta di preludio al vertice APEC, in cui il signor Sechin evidentemente non è venuto a mani vuote. Il Forum eurasiatico si e’ svolto con l’auspicio di sopprimere le sanzioni occidentali contro Mosca, che si trovano in netto contrasto anche con lo spirito delle nuove “Vie della Seta”.

Partendo dall’idea fondamentale che la cooperazione tra la Russia e l'Europa ha i suoi vantaggi naturali e che la Russia per l'Europa è in primo luogo la fonte più vicina di energia e di altre risorse naturali, Sechin ha ricordato ai presenti alcuni fatti importanti:

Le forniture di petrolio russo verso l'Europa lo scorso anno sono stati pari a 178 milioni di tonnellate. E’ quasi il 38% del totale delle importazioni nette europei. La Russia fornisce inoltre all'Europa circa 35 milioni di tonnellate di gasolio, che è l'85% delle importazioni di questo tipo di carburante. Sechin ha avvertito i rappresentanti delle imprese europee che "l'introduzione di sanzioni contro il petrolio russo potrebbe peggiorare la condizione delle raffinerie europee e portare alla chiusura di molti di essi”. A questo punto, è il momento di passare a nuove forme di collaborazione e di cooperazione nel settore dell'energia. E queste forme sono collegate all'approccio integrato nel settore dell'energia. In questo caso si tratta della sicurezza energetica, del collegamento reciproco degli interessi dei fornitori e consumatori. In economia, e’ largamente noto il concetto "Vento in poppa" che deve garantire una crescita rapida. ‘Vento della fortuna per la nostra cooperazione, secondo il presidente di Rosneft - vuol dire le sinergie naturali che collegano la nostre economie, le nostre potenzialita’ e il nostro business’.

“Abbiamo creduto nella Russia piu’ di 50 anni fa, anzi, 60 anni, e continiamo a crederci”. Cosi’ ha parlato al Forum di Verona Paolo Clerici, presidente e amministratore delegato di Coeclerici S.p.A. che ha avuto l’esclusiva del carbone russo per oltre 30 anni. “Fra l’altro, quest’anno festeggiamo i primi cinquant’anni del nostro primo ufficio a Mosca. La nostra azienda si propone di raddoppiare la produzione con investimenti di circa 100 milioni di dollari. Le sanzioni non risolvono i problemi politici, anzi, aggravano i problemi economici.”

A confermarlo sono le ultime statistiche:

L’embargo russo, conseguenza delle sanzioni decise dall’Unione Europea nei confronti della Federazione Russa, ha colpito il Made in Italy, che in meno di un mese, fra agosto e settembre, ha perso il 16,4%, pari a 33 milioni di euro.

L’agroalimentare e’ il settore piu’ colpito: -63% le esportazioni agricole, -12% il calo degli alimentari (fonte Coldiretti).

In proiezione, le perdite nell’arco dei 12 mesi potrebbero arrivare a 200 milioni di euro. Il Made in Italy agroalimentare viene sostituito con produzioni locali? Talvolta anche a rischio in Italian sounding, con richiami cioe’ a veri prodotti italiani.

Il comparto lattiero caseario ha registrato un aumento delle produzioni nella zona degli Urali Centrali del 20%, mentre sono in fase di realizzazione nuovi casefici, con investimenti di 2 milioni di rubli nella regione Sverdlovsk per formaggi a pasta dura, a pasta molle e mozzarella.

I settori piu’ penalizzati sono ortofrutta, che nel 2013 ha esportato per 72 milioni di euro, le carni (61 milioni), latte, formaggi e derivati (45 milioni). Solo le due grandi Dop casearie, Grana Padano e Parmigiano-Reggiano hanno perso 15 milioni.

Risultano ampiamente insufficienti i 344 milioni di euro finora stanziati a livello comunitario per sostenere la crisi nell’ortofrutta e nel lattiero caseario.

Il Made in Italy soffre anche nel comparto tessile (-24,8%), mezzi di trasporto (-50,1%), mobili (-17,8%), farmaceutici (-32,3%), apparecchi elettrici (-15,9%).

“I paesi dell'UE potrebbero perdere circa un trilione di euro, se porteranno avanti la politica delle sanzioni contro la Russia, lo ha detto consigliere del presidente russo, Sergei Glasiev. Nel contempo Washington ha definito le sanzioni contro Mosca ‘non efficienti”.

Romano Prodi non appoggia le sanzioni dell'Unione europea contro la Russia. Pochi giorni fa, le ha definite "suicidio collettivo”.

Ma c'è qualche alternativa ragionevole a questo scenario triste del suicidio collettivo d'Europa?

Sembra che un tale scenario esista. Ed è che l'Europa dovrebbe tornare ad essere ragionevole e a farsi trainare la sua nave coi venti prosperi dell’integrazione eurasiatica. In caso contrario, l'Unione Europea in tandem con gli Stati Uniti non potranno fare altro che trovarsi veramente con un pugno di mosche "sulle coste impoverite dell'Oceano Atlantico."

Aleksandr Prochorov - La Voce della Russia

venerdì 7 novembre 2014

Chi di sanzioni ferisce di sanzioni perisce

© Foto: president.tatarstan.ru

Intervista esclusiva al presidente Banca Intesa Russia, Antonio Fallico

«Chi di sanzioni feriscе di sanzioni periscе». Cosi’, parafrasando il famoso proverbio latino che trae origine dal Vangelo di Matteo, il presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia e di Banca Intesa Russia, Antonio Fallico, da quattro decenni un solido pilastro e ambasciatore del business italiano nel pianeta Russia, sulla spirale delle sanzioni occidentali contro Mosca. La dichiarazione e’ stata fatta al III Forum Eurasiatico Innovazione e Internazionalizzazione svoltosi a fine ottobre a Verona davanti alla platea dei rappresentanti di oltre 730 aziende (contro 500 l’anno scorso) e ripetuta a margine della conferenza nell’intervista rilasciata in esclusiva al nostro osservatore Alexander Prokhorov.

Oggi si puo’ affermare che il Forum Eurasiatico e’ ormai diventato un appuntamento piu’ autorevole ed efficace fra i rappresentanti del mondo istituzionale, politico, economico dell’Italia, dei 4 paesi costituenti d’Unione doganale (Russia, Bielorussia, Kazakistan e Armenia) e la Cina. Romano Prodi presiede il Comitato scientifico del Forum. La terza edizione del Forum Eurasiatico di Verona e’ stata incentrata sul cambiamento dello scenario globale che ci attende dal 1-mo gennaio 2015, quando entrera’ in vigore l’Unione Economica Eurasiatica tra Russia, Bielorussia, Kazakistan e Armenia. Per Antonio Fallico si tratta di “un cambiamento epocale che potra’ portare nuovo ossigeno al benessere dei popoli ed essere una solida garanzia della pace nel mondo”. Tanto piu’ importante in questo momento storico caratterizzato da una strutturale, persistente e profonda crisi dell’economia globale. Non a caso convegni complimentari al Forum di Verona si sono svolti quest’anno a Bologna, Milano, Catania, Roma, a Torino e New-York.

Ebbene, per quali altre grandi novita’ il Forum Eurasiatico di quest’anno si distingue dai due precedenti?

Stando alle parole del prof. Fallico, proprio questo innalzamento di livello del Forum “ci ha portato a firmare un accordo con il Forum Internazionale economico di San Pietroburgo”. E, quindi, dal prossimo anno il Forum Eurasiatico di Verona con una delle sue sezioni sara’ presente al Forum di Pietroburgo e viceversa.

Insomma, un vero e proprio gemellaggio in barba alla spirale delle sanzioni occidentali?

Noi – precisa il presidente Fallico – non abbiamo strumenti operativi per cambiare queste cose. Pero’, posso dire che il Forum e’ diventato il punto di riferimento di tutte le ostilita’ che raggiungono il 100% degli imprenditori – ostilita’ nei confronti delle sanzioni. Il Forum ha certamente contribuito ad affrontare la cultura del dialogo contro la cultura della guerra.

Di questo Antonio Fallico e’ perfettamente consapevole. Ed e’ chiaro – prosegue - che la trasformazione deve portare l’Italia e, in modo particolare, l’Italia all’interno del consenso europeo, a dire ‘no’ finalmente a queste sanzioni.

E quando nel luglio del prossimo anno scadranno queste sanzioni, l’Italia – insiste il presidente Fallico – deve avere la mano libera, non come questa volta, una mano libera, perche’ glielo consente anche il regolamento europeo, una mano libera per dire ‘no’ alle sanzioni, quindi, annullare completamente le sanzioni. Questo, probabilmente, portera’ anche a una risposta positiva da parte della Russia.

Professore, stando ai dati della Banca Intesa, le esportazioni italiane verso la Russia sono diminuite del 16,3 %. Si tratta di 500 imprese italiane che negli ultimi 20 anni hanno fatto gli investimenti pari a 7 miliardi di euro. E’ vero?

Forse, - risponde il prof. Fallico – qualcosa di piu’. Ma la sostanza e’ questa. Cio’ vuol dire che le sanzioni non soltanto non aiutano la nostra economia, ma la interrano completamente. Perche’ la crescita del Pil non solo non avverra’ ma quest’anno avremo la recessione in Italia dove circa 300-350 mila persone lavorano per le commesse russe. La Germania ha registrato l’ultimo trimestre negativo. E li’ ci sono 500 mila persone che lavorano per le commesse russe. Quindi, diciamo che le sanzioni sono suicide, perche’ colpiscono fondamentalmente i paesi che le emettono.

E’ certo che dopo hanno un impatto negativo anche sulla Russia…

Si’, pero’, l’impatto negativo che queste sanzioni hanno sui paesi che le emettono, e’ sicuramente piu’ alto rispetto all’impatto negativo che ha la stessa Russia.

Ma vi e’ anche un segnale positivo. Per esempio, nonostante le sanzioni il gruppo Pirelli ha l’intenzione di aumentare i suoi investimenti in Russia. Si tratta della collaborazione con Rosneft, la piu’ grande compagnia petrolifera al mondo, capitanata da Igor Sechin, un altro ospite eccezionale del Forum di Verona?

Certo! Il gruppo Rosneft ha il 13% del gruppo milanese il che permette ai russi la governance della stessa societa’ Pirelli. Ma oltre a questo possiamo vedere quali sono gli interessi di Finmeccanica nei confronti della Russia. Nonostante tutto, l’amministratore delegato e direttore generale Mauro Moretti, anche lui presente al Forum, e’ aperto al dialogo con i partner russi. Nonostante tutto, per adesso non abbiamo da parte del premier Renzi indicazione negativa ufficiale della partecipazione italiana al South Stream. Quindi, non a caso Gasprom non e’ entrato nella black list dei sanzionati. Quindi, le aziende medie piccole continuano ad operare nonostante questa contrazione del business. E tutti stiamo scommettendo sulla bocciatura delle sanzioni. Chiaramente, la vita, l’economia capiscono molto prima della politica. Perche’ la politica non rispecchia gli interessi della gente, ma rispecchia gli interessi verticistici di paesi che geopoliticamente sono ovviamente dall’altra parte rispetto alla Russia.

Concludendo l’intervista, il presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia e di Banca Intesa Russia, Antonio Fallico ha ribadito: “Ma io auguro che, senza aspettare il luglio del 2015, le sanzioni vengono eliminate subito, perche’ fanno male, assolutamente male all’economia europea. E quando ho detto (ma non tanto scherzando): chi da sanzioni ferisci di sanzioni perisci, mi riferivo proprio a questo.

Aleksandr Prochorov - La Voce della Russia